Dopo la schiacciante vittoria sui
Bizantini ottenuta nel 1071 a Manzikert, in Armenia, i Turchi selgiuchidi
penetrarono nella penisola anatolica, suscitando grande impressione e allarme
in tutto il mondo cristiano. In primo luogo a Costantinopoli, dove i Turchi
erano considerati barbari insensibili a ogni barlume di civiltà, e in secondo
luogo in Occidente, dove con la possibile caduta dell'Impero bizantino si
temeva di rimanere stretti nella morsa musulmana. Il basileus Alessio I Comneno (che pure non aveva
disdegnato l'aiuto di mercenari turchi quando era salito al trono nel 1081) si propose di scongiurare le minaccia
turca e, chiedendo aiuto all'Occidente cristiano, di organizzare una campagna
militare in Anatolia (per rendere tra l'altro di nuovo percorribili i
tradizionali itinerari dei pellegrini che si recavano in Terra Santa). Prese
allora contatto con il Papa, nonostante i rapporti tra Costantinopoli e Roma
fossero molto problematici dal 1054, quando in seguito alla scomunica papale del patriarca Michele Cerulario si era consumato lo scisma
d'Oriente. Urbano II tuttavia accolse le istanze bizantine e, in margine al
concilio convocato a Clermont-Ferrand nel novembre 1095, lanciò un appello per
una guerra santa in favore dei cristiani d'Oriente, con la promessa che ai
partecipanti (cui veniva assegnato come simbolo la croce e detti perciò cruce
signati) sarebbe stato rimesso ogni peccato. Il pontefice esortò i vescovi
a provvedere che nelle chiese venissero predicate la necessità e l'urgenza di
questa impresa, ma i migliori risultati furono forse ottenuti da predicatori
itineranti, tra cui divenne famoso il monaco francese Pietro d'Amiens, detto
'l'Eremita', talmente convinto di essere a conoscenza dei disegni divini da
prendere quasi a suo motto l'affermazione Deus le volt. |
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