La parola samurai deriva dall'antico verbo saburau ('servire', 'essere
al servizio') e significa 'colui che serve': inizialmente implicava soltanto
l'idea di servizio, mentre in un secondo tempo assunse anche un significato
analogo a quello di miles nel Medioevo europeo, diventando in pratica
sinonimo di bushi (uomo d'arme, cavaliere). Per secoli la casta dei
samurai, immediatamente al di sotto della nobiltà di sangue e in stretto
rapporto con essa, costituì la spina dorsale del Giappone feudale, svolgendo anche
un importante ruolo culturale. La fioritura dei samurai iniziò nell'XI secolo,
quando la famiglia Fujiwara, che esercitava il potere effettivo sul Paese
controllando la corte imperiale di Heian (poi Kyòto), prese a trasferire alcune funzioni di
difesa e di polizia a una serie di famiglie aristocratiche 'provinciali', che
si erano create degli eserciti personali i cui capi erano costituiti, appunto,
da samurai. Tra tutte queste schiatte militari ne emersero due, i Minamoto (o
Genji e i Taira (o Heike), che finirono per contendersi il ruolo dei Fujiwara;
dopo i cosiddetti 'incidenti' di Hogen (1156) e di Heiji (1160), furono i Taira
ad affermarsi come famiglia egemone. Il vittorioso Taira Kiyomori risparmiò i
figli di Minamoto Yoshitomo, che dopo 20 anni furono pronti a riprendere la
lotta: iniziò così tra le due famiglie la sanguinosa guerra Gempei (1180-1185)
terminata con la vittoria dei Minamoto e il completo annientamento dei Taira. |
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